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Sposalizio della Vergine
Lo "Sposalizio della Vergine" nella chiesa di S.Maria Annunciata a Bienno (BS)

Testo

Bienno è una nobile terra. La ricchezza del suo passato la raccontano le case affrescate con storie di papi e di imperatori e i magli e le fucine che la fecero ricca per secoli. Infeudata al monastero di San Faustino Maggiore di Brescia dal vescovo Ramperto, nell' 841, ebbe con i Benedettini un lungo rapporto che durò fino al XVIII secolo, ma sviluppò, dall' età comunale, forme di autonomia politica e religiosa. Santa Maria Annunciata, costruita nel Quattrocento al centro del paese, tra i vicoli stretti e le alte case, è la chiesa del comune, coinvolta spesso in conflitti con l'abate di San Faustino che difende i diritti della parrocchiale e vuole impedire che vi si instauri una cura pastorale. È la chiesa della vicinia, degli uomini di Bienno, sensibili alla predicazione dei Francescani, devoti a Maria, e portatori di una religiosità più emotiva e popolare che ricerca forme di comunicazione immediata e una partecipazione viva dei fedeli ai riti e alle pratiche devozionali. La presenza francescana in Santa Maria Annunciata si avverte negli affreschi devozionali quattrocenteschi sparsi sulle pareti, nella danza macabra, sulla parete destra in basso vicino al presbitterio, che ricorda come nella morte si trovino accomunate tutte le categorie sociali, nelle immagini del santo di Assisi arricchite di alcune scene della sua vita ed anche nel culto di San Simonino, il bimbo trentino che una falsa leggenda voleva martire di un oscuro rito sacrificale giudaico e che si tentava di portare agli onori degli altari.
Nel 1540, quando Romanino deve essere arrivato a Bienno ultima tappa del suo percorso camuno, la chiesa aveva avuto dalla curia bresciana il riconoscimento dell' indipendenza. Ribaltando una precedente sentenza del 1496 del vescovo Mattia Ugoni vi si autorizzava l'amministrazione dei sacramenti e la sepoltura dei morti: i vicini decisero allora, in quell'occasione, di procedere alla nomina di un rettore nella persona di Faustino Guaragnoni, e deve essere stato costui, all' inizio del suo incarico, a volere che il Romanino affrescasse le pareti del presbiterio. Il nostro pittore veniva da Rovato, dove, in un'altra chiesa dedicata all'Annunciata, aveva dipinto per i frati Serviti, nella lunetta della parete di fondo del presbiterio, una mirabile "Annunciazione" con un arcangelo monumentale, rustico giovanotto orgoglioso della sua bella veste gialla. Il ciclo di Bienno è ispirato ai Vangeli apocrifi.
"Presentazione di Maria al Tempio" Nella parete destra è raffigurato "Lo sposalizio della Vergine", sul fondo a fianco della secentesca pala d'altare attribuita al Fiamminghino (1632) con l' "Annunciazione"' sono due frammenti di una scena identificata, in genere, come l' "Incontro di Anna e Gioacchino" o come "Gioacchino cacciato dal Tempio", nella parete sinistra è la

"Presentazione di Maria al Tempio".

Il tema dello "Sposalizio" è particolarmente caro al Romanino, che lo ha affrontato diverse volte sia nella fortunata tavola giovanile di San Giovanni a Brescia, che ebbe numerose repliche, sia nelle ante d'organo nel Duomo Nuovo di Brescia che, con la tela dello stesso soggetto di Crema, sono da collocare anche cronologicamente vicino a questi affreschi. Ancora una volta Romanino definisce qui lo spazio attraverso un quadriportico di colonne ioniche, ornate da festoni arborei di stampo veneto, sopra il quale pone un'aperta balaustra, aggettante per mezzo di uno sguscio su cui è un ovale con una scena di battaglia, a monocromo, di gusto classicheggiante; in questo modo divide la scena in due zone collocando in alto un gruppo di spettatori partecipi dell'evento sottostante. Le figure in basso sono disposte secondo uno schema piramidale, più statico e meno libero rispetto agli affreschi di Breno, che vede al centro il triangolo formato da Giuseppe, dal Sommo Sacerdote e da Maria, dietro il quale si accalca, in un secondo triangolo di base più larga, una folla di personaggi, messi uno sull'altro, testa su testa, quasi a riempire in un empito neogotico, tutto lo spazio disponibile. Sembra in effetti che in questa scena, la più ammirata del ciclo, si plachi il furore di Pisogne e di Breno, che Romanino abbia messo da parte l'impressionismo grottesco e si muova in una direzione più patetica e romantica, aprendo una nuova fase della sua pittura, interessata al confronto con il Lotto. Ne sono indizio la sottile malinconia diffusa sul volto dei giovani pretendenti che, con vesti ricamate e cappelli piumati, stanno sulla sinistra di Giuseppe e partecipano alla festa nuziale, ma senza gioia, e si mostrano compresi in un vago e fuggente pensiero, e la preziosa eleganza della fanciulla vestita di bianco, che, accanto a Maria, porge un mazzo di rose e guarda verso di noi con malizioso sguardo.
Particolare di "Presentazione di Maria al Tempio" La scena della "Presentazione di Maria al Tempio" ripropone lo schema della scala centrale, visto a Pisogne ed a Cremona nell' "Ecce Homo" , ma qui Romanino ha dovuto affrontare il problema di una grande finestra aperta nella parete, sulla sinistra, e lo ha fatto dipingendo anche le superfici della strombatura e ponendo la scala in leggero scorcio e, con grande abilità illusionistica, si è divertito a farla apparire frontale a chi sta nel presbiterio e trasversale a chi sta nella navata. Al centro della loggia, in alto, è il Sommo Sacerdote con la tiara sul capo che attende la piccola Maria, intenta a salire gli scalini erti e incespica nella veste, tanto che Anna e Gioacchino, ai lati della balaustra, hanno come un moto di ansia lieve per il suo incerto procedere. Dietro Anna, che sgrana un rosario, è il gruppo delle donne; accanto a gioacchino, con una ricca veste broccata dai bordi di pelliccia e con un turbante in testa, è un pastore che ha sulle spalle l'agnello per il sacrificio. E, come in una favola, spuntano dappertutto animali: c'è il coniglio stretto tra le braccia di un bimbo e ci sono, ai piedi della scala, una tortora, un cagnolino e un vitello, placidamente disteso e indifferente.
Particolare di "Presentazione di Maria al Tempio" Più difficili da individuare gli episodi della vita della Vergine che sono sulla parete di fondo, anche perche la soasa della pala con l' "Annunciazione", a differenza di quanto era avvenuto a Breno dove il dipinto di Callisto Piazza preesisteva all'opera del Romanino, ha coperto alcune zone affrescate. La scena è ambientata, ancora una volta, all'interno di uno spazio architettonico quadrato a doppio ordine di colonne con un'arcata aperta su uno sfondo di città, che fa da elemento unificante dei due episodi raffigurati e che dovrebbe rappresentare il cortile del Tempio. Dall'alto, dai matronei, gruppi di donne si affacciano ad osservare la folla; sulla destra Gioacchino, che ha dietro di se Anna, incontra un Sacerdote; a sinistra la scena è assai guasta alcune persone si accalcano intorno ad un uomo ed un vecchio, che gli sta vicino, si toglie in segno di rispetto il cappello con un gesto che ricorda quello di certi pastori nelle "Natività" del Savoldo.
È un Romanino più sobrio questo di Bienno, che chiude una stagione felicissima della sua pittura per inoltrarsi in una fase più tormentosa e incerta, più spiritualmente dubbiosa, ma che sa ancora incantarci con la vivacità dei suoi colori vibranti di luce e con la sua vena di narratore che dilata la fabula nell' intreccio fitto dei personaggi e dei riferimenti. Le nubi della Controriforma si stanno ormai addensando, è tempo di ridiscutere tutto e di rimettersi in gioco.

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